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Transizione Energetica italia

Transizione energetica in Italia: a che punto siamo nel 2025?

Nel 2025 la transizione energetica in Italia è ancora più uno slogan che una realtà. Tra Piani aggiornati, incentivi intermittenti e rinnovabili al rallentatore, il nostro Paese continua a inseguire obiettivi europei che sembrano sempre più lontani. In questo articolo analizziamo cosa prevede davvero il PNIEC, quali sono i blocchi principali sul fotovoltaico e sull’eolico e cosa rischia l’Italia se non cambia rotta in fretta.

Nel 2025 l’Italia è in ritardo sugli obiettivi della transizione energetica: tante promesse, pochi megawatt.

Perché la transizione energetica italiana è ferma

L’Italia resta indietro nella transizione energetica per colpa di ritardi strutturali, incertezze politiche e scarsi investimenti pubblici.

Il 2025 conferma che la transizione energetica in Italia procede a rilento. Nonostante gli obiettivi europei e il nuovo PNIEC, le misure reali tardano ad arrivare. A mancare non sono solo i megawatt installati, ma una visione coerente. Mentre altri Paesi UE accelerano, l’Italia resta invischiata tra promesse vaghe e iter autorizzativi estenuanti.

  • Poche gare pubbliche realmente operative
  • Semplificazioni ancora inefficaci
  • Fondi PNRR usati solo in parte
  • Normative regionali spesso in contrasto
  • Mancanza di storage e smart grid
  • Incertezza sul phase-out dei fossili

Una burocrazia che scoraggia gli investimenti

Chi prova a sviluppare impianti solari o eolici si scontra con un muro di ostacoli: permessi pluriennali, opposizioni ambientali e lentezze comunali. Molti progetti da oltre 100 MW sono fermi da mesi o anni. A questo si aggiunge l’instabilità normativa, che frena banche e investitori. Senza una vera semplificazione amministrativa, la transizione non può procedere, anche se ci fossero fondi disponibili.

Le contraddizioni italiane nel confronto europeo

Mentre Spagna e Germania installano 10–15 GW di rinnovabili l’anno, l’Italia è ferma sotto i 5 GW. Paradossalmente, abbiamo uno dei migliori potenziali solari d’Europa ma siamo lenti a sfruttarlo. I Paesi leader stanno puntando su storage, reti intelligenti e autoconsumo. L’Italia invece si concentra su sussidi temporanei e senza visione. Così rischiamo di importare energia pulita… mentre lasciamo inutilizzati i nostri tetti.

Il caso eclatante: le rinnovabili crescono troppo lentamente

Nel 2025 la crescita delle rinnovabili in Italia è ben al di sotto del necessario per centrare i target climatici UE.

Il nodo principale della transizione energetica in Italia è che solare ed eolico avanzano a un ritmo troppo basso. I numeri 2024–2025 mostrano installazioni annuali ben lontane dai 12 GW necessari. Dietro questa frenata ci sono iter lunghi, opposizioni locali e poca chiarezza sulle reti. L’Italia rischia di mancare l’obiettivo 2030, aumentando la dipendenza da gas e da energia importata.

  • Meno di 5 GW installati nel 2024
  • Servirebbero 10–12 GW/anno per rispettare il PNIEC
  • Solo il 30% dei progetti autorizzati viene realizzato
  • Mancano aste dedicate per grandi impianti
  • Ostacoli all’autoconsumo industriale
  • Accumulo e connessioni di rete insufficienti

L’eolico italiano perde terreno nel confronto UE

Il settore eolico italiano cresce a un ritmo quasi nullo. Le installazioni 2025 sono concentrate nel Sud, ma bloccate da iter autorizzativi lunghissimi. L’eolico offshore resta al palo, mentre Germania e Regno Unito lo spingono con progetti gigawattici. A mancare non è il vento, ma le condizioni di sistema: norme stabili, aste dedicate, e una rete capace di integrare nuova potenza.

Dove finiscono davvero i fondi PNRR per le rinnovabili?

Molti miliardi del PNRR erano destinati alle fonti pulite, ma l’effettiva erogazione è frammentata. Manca un canale diretto tra Stato e progetti industriali. I bandi sono lenti, le scadenze spesso non rispettate. Inoltre, mancano sinergie tra i fondi europei e le politiche locali. Senza una cabina di regia unica, i fondi rischiano di restare sulla carta, mentre il tempo per installare i GW richiesti corre veloce.

Target vs realtà: nuove installazioni rinnovabili annue in Italia (GW)

PNIEC 2030: cosa c’è di nuovo e cosa manca ancora per la decarbonizzazione ?

Il nuovo PNIEC 2030 alza gli obiettivi sulle rinnovabili, ma senza strumenti concreti per realizzarli davvero.

Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) aggiornato nel 2023 ha innalzato gli obiettivi di elettricità rinnovabile al 65% entro il 2030. Un traguardo ambizioso, sulla carta. Il problema è che mancano gli strumenti operativi per raggiungerlo. I meccanismi di aste, autorizzazioni e reti sono ancora troppo deboli. Senza una governance centralizzata e tempistiche certe, il rischio di fallimento è concreto.

  • Target elettricità rinnovabile: 65% entro il 2030
  • Necessari +85 GW da installare in 5 anni
  • Storage programmato ma non ancora attuato
  • Rete elettrica da potenziare con urgenza
  • Aste poco attrattive per gli investitori
  • Assenza di obiettivi vincolanti annuali

Obiettivi al rialzo, ma con credibilità in calo

Il PNIEC 2023 ha rivisto al rialzo molti target: rinnovabili, riduzione emissioni, efficienza. Ma gli operatori lamentano la distanza tra obiettivi e strumenti. La Commissione Europea ha già espresso dubbi sulla credibilità italiana. Il Piano manca di milestone vincolanti, tabelle di marcia realistiche e sanzioni per i ritardi. Senza indicatori intermedi misurabili, è difficile pensare che il 2030 sia alla portata.

Il nodo delle aste e delle regole di mercato

Gli strumenti di supporto al mercato – aste, contratti differenziali, tariffe garantite – non funzionano come dovrebbero. Le aste del GSE restano sottoscritte solo in parte, per motivi economici e burocratici. I prezzi base sono spesso troppo bassi per coprire i costi reali. Inoltre, le regole cambiano troppo spesso. Gli investitori chiedono stabilità normativa e procedure più snelle per partecipare.

La rete elettrica non è pronta alla rivoluzione

Un altro problema è la rete: per assorbire 85 GW in più servono linee, nodi e flessibilità. Oggi molte richieste di allaccio vengono respinte o posticipate. Terna ha piani di ammodernamento, ma tempi e permessi sono ancora lenti. Inoltre manca un vero piano di accumulo: senza batterie e idrogeno, il sistema rischia di essere instabile. Serve una visione di sistema, che oggi manca del tutto.

Il peso della mobilità elettrica nel bilancio emissioni

La mobilità elettrica italiana non cresce abbastanza da incidere in modo deciso sulla transizione energetica.

Nel 2025 il rallentamento delle immatricolazioni EV ha un impatto diretto sul bilancio emissioni nazionale. Secondo Motus-E, l’Italia rischia di non raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione se le vendite di veicoli elettrici restano al palo. La rete di ricarica cresce, ma resta poco omogenea. E gli incentivi pubblici? Discontinui e inefficaci. La transizione della mobilità è oggi uno dei talloni d’Achille della strategia climatica nazionale.

  • Vendite EV in calo nel primo semestre 2025
  • Solo il 5% delle auto nuove è elettrico puro
  • Boom plug-in… ma con emissioni reali elevate
  • Poche colonnine nei centri minori
  • Incentivi limitati o esauriti in poche ore
  • Niente strategia sul trasporto merci elettrico

Il 2025 segna un rallentamento della domanda EV

Le prime analisi dell’anno mostrano un calo delle vendite EV rispetto al 2024. I motivi sono vari: costi ancora alti, bonus poco chiari, e incertezza normativa. Le famiglie esitano, mentre le flotte aziendali rallentano la transizione per ragioni fiscali. Il risultato è che l’Italia è ancora sotto la media UE, e troppo lontana dai livelli di Norvegia, Paesi Bassi o Germania.

L’infrastruttura cresce, ma troppo a macchia di leopardo

Secondo Motus-E, il numero di colonnine pubbliche installate è aumentato, ma resta concentrato in poche aree urbane. I piccoli comuni sono ancora scoperti, e le statali quasi prive di stazioni rapide. Inoltre, molti punti sono tecnicamente attivi ma non funzionanti. Il Piano Nazionale Infrastrutture di Ricarica (PNIR) è in ritardo e serve un monitoraggio più rigoroso delle attivazioni reali.

Incentivi troppo volatili per creare fiducia

Gli incentivi 2025 sono partiti tardi e si sono esauriti in ore. Il meccanismo a sportello penalizza chi ha meno rapidità operativa. Inoltre, l’alternanza di bonus e stop ha minato la fiducia dei consumatori. Senza un piano triennale chiaro e continuativo, l’elettrico resta percepito come una scelta rischiosa. Questo frena il passaggio anche di chi vorrebbe cambiare, ma ha bisogno di certezze.

L’Italia rischia il flop sugli obiettivi di efficienza energetica 2030?

A meno di un cambio di passo concreto, l’Italia non centrerà gli obiettivi della transizione energetica al 2030.

A livello europeo l’Italia è osservata speciale: i progressi sulla transizione energetica sono giudicati insufficienti da Bruxelles, Ember e dalle associazioni industriali. Il ritardo su rinnovabili, mobilità elettrica e reti è strutturale. Eppure, ci sarebbe tempo per recuperare. Servono però decisioni nette, investimenti rapidi e semplificazioni vere. L’alternativa? Pagare multe, importare elettricità da altri Paesi e perdere competitività economica.

  • Bruxelles segnala ritardi su target 2030
  • Ember classifica l’Italia tra i fanalini d’Europa
  • Emissioni dei trasporti in crescita
  • Rete elettrica sottodimensionata
  • PNRR: fondi spesi in parte minima
  • Manca una cabina di regia unica

I warning dell’Europa sono già arrivati

Nel 2024 la Commissione UE ha chiesto all’Italia di correggere rotta sul PNIEC. Il Piano non è in linea con le misure legislative della Commissione Europea per diminuire le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 (Fit for 55) né con i benchmark sul fotovoltaico. Ember ha evidenziato come l’Italia rischi di installare meno della metà della potenza richiesta. A preoccupare è anche la lentezza nel recepire le nuove direttive europee su rinnovabili e risparmio energetico.

Il costo economico del ritardo

Il rallentamento nella transizione avrà un impatto economico diretto. Oltre alle sanzioni europee, c’è il rischio di aumentare le importazioni di gas e di elettricità da Paesi più virtuosi. Questo significa bollette più care, dipendenza energetica e minore attrattività per gli investimenti green. L’Italia rischia di perdere la corsa industriale sulle tecnologie energetiche del futuro.

Cinque azioni concrete per evitare il flop

  1. Approvare entro fine 2025 una riforma rapida degli iter autorizzativi
  2. Introdurre incentivi stabili per fotovoltaico su tetti e capannoni
  3. Potenziare Terna e semplificare l’allaccio alla rete
  4. Lanciare aste dedicate con prezzi minimi realistici
  5. Avviare un piano strutturale di accumulo (batterie + idrogeno)

Serve una strategia operativa, non solo piani. Il tempo per agire è ora.

Conclusione

Nel 2025 la transizione energetica in Italia vive una fase di stallo pericolosa. Nonostante gli annunci, gli obiettivi al 2030 rischiano di restare lettera morta. Il fotovoltaico cresce lentamente, l’eolico è quasi fermo, gli incentivi EV sono intermittenti, e la rete non è pronta. Eppure, il tempo c’è. Servono riforme rapide, investimenti stabili e una regia centrale che trasformi i piani in realtà. Il futuro climatico ed economico del Paese si gioca nei prossimi 24 mesi.

FAQ transizione energetica Italia

Che cos’è la transizione energetica?

È il passaggio da un sistema basato su fonti fossili a uno fondato su rinnovabili, efficienza e reti intelligenti. Mira a ridurre le emissioni e la dipendenza da gas e petrolio.

Quali sono gli obiettivi della transizione energetica italiana?

L’Italia punta al 65% di elettricità da rinnovabili entro il 2030 e alla decarbonizzazione dei trasporti e dell’edilizia. Ma è in ritardo su quasi tutti i target.

Cos’è il PNIEC e perché è importante?

È il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima: fissa obiettivi e strategie al 2030. L’ultima versione alza i target ma manca di strumenti vincolanti.

Le auto elettriche sono parte della transizione?

Sì. La mobilità elettrica aiuta a ridurre le emissioni nei trasporti, ma in Italia le vendite EV restano basse e la rete di ricarica è disomogenea.

Quali sono le principali criticità italiane?

Iter autorizzativi lenti, reti elettriche deboli, incentivi discontinui, assenza di storage e mancata regia nazionale coordinata.

Efficienza Energetica, Mobilità sostenibile


Paolo

Appassionato di mobilità green e Manager Digital Sales di professione, mi dedico a Elettricopertutti come progetto personale condiviso con amici appassionati del mondo green e del digitale. Con Elettricopertutti voglio contribuire alla diffusione di informazioni utili sulla transizione ecologica e sulle opportunità offerte dall’innovazione per una vita più sostenibile.

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