
Stop diesel Euro 5 rinviato al 2026: un’occasione persa per le città ?
Il stop diesel Euro 5 2026 entra in vigore con un anno di ritardo e applicazione ridotta. Secondo il nuovo emendamento al Decreto Asset, il divieto alla circolazione per i veicoli diesel Euro 5 partirà dal 1° ottobre 2026 e sarà valido solo nei Comuni con più di 100.000 abitanti che hanno adottato un Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile (PUMS). Un rinvio che indebolisce una misura nata per ridurre le emissioni urbane, e che alimenta ancora una volta l’immobilismo verso la transizione ecologica. In un Paese con uno dei parchi auto più vecchi d’Europa, ogni deroga pesa sull’aria che respiriamo.
Il blocco dei diesel Euro 5 è stato rinviato al 2026 e riguarderà solo i Comuni con oltre 100.000 abitanti. Un passo indietro per l’ambiente e la salute urbana.
Rinvio blocco diesel Euro 5: cosa dice davvero la nuova norma
Il divieto slitta al 1° ottobre 2026 e si applicherà solo ai Comuni con oltre 100.000 abitanti e PUMS.
Il governo ha rinviato lo stop ai veicoli diesel Euro 5 di dodici mesi. Il blocco, previsto per ottobre 2025, scatterà invece dal 1° ottobre 2026 e solo in città con più di 100.000 abitanti, dotate di un Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile. L’emendamento approvato nel Decreto Asset limita così l’impatto della misura su scala nazionale.
- Rinvio approvato con un emendamento al Decreto Asset
- Coinvolti solo i Comuni sopra i 100.000 abitanti
- Obbligo subordinato all’esistenza di un PUMS
Messaggio-chiave: Il blocco è stato depotenziato, con effetto solo parziale sul piano ambientale.
Il Decreto Asset e le motivazioni del rinvio
L’emendamento che determina lo stop diesel Euro 5 solo dal 2026 è stato proposto dalla Lega e approvato a inizio luglio. Secondo i promotori, la norma originale penalizzava troppo chi vive in periferia e non può cambiare auto. Il governo ha quindi optato per un rinvio che bilancia esigenze ambientali e sociali. Ma per molti osservatori, si tratta solo di un compromesso politico che svuota la misura della sua forza.
Le città interessate e le possibili eccezioni
Le città coinvolte saranno poco più di venti, tra cui Milano, Torino, Bologna e Firenze. Restano escluse molte aree urbane con alti livelli di inquinamento ma sotto la soglia demografica. Alcune Regioni hanno già dichiarato che non recepiranno la norma in modo automatico, generando ulteriore incertezza.
Quanto è vecchio il parco auto italiano?
In Italia circolano ancora milioni di veicoli Euro 4 o inferiori, con un’età media tra le più alte d’Europa.
Nonostante gli obiettivi di sostenibilità, il parco circolante italiano resta tra i più datati dell’Unione Europea. L’età media supera i 12 anni e oltre 12 milioni di veicoli sono ancora Euro 4 o precedenti. In questo contesto, il rinvio dello stop diesel Euro 5 2026 appare come una misura che rallenta ulteriormente il ricambio tecnologico, già frenato da incentivi inadeguati e politiche poco coraggiose.
- Età media dei veicoli: 12,5 anni (media UE: 11)
- Oltre il 44% del parco auto è Euro 4 o inferiore
- I diesel Euro 5 in circolazione sono più di 3 milioni
Messaggio-chiave:Il rinvio del blocco diesel frena il necessario rinnovamento di un parco auto obsoleto e inquinante.
I numeri dell’anagrafe auto
Secondo i dati aggiornati UNRAE e Motus-E, il parco auto circolante in Italia conta oltre 39 milioni di veicoli, di cui circa 17 milioni immatricolati prima del 2013. Questo significa che quasi un’auto su due è ancora Euro 4 o inferiore, con emissioni decisamente superiori agli standard attuali. La concentrazione di veicoli vecchi è più alta al Sud e nelle aree extraurbane, dove spesso mancano alternative di mobilità pubblica.
Perché il rinnovo procede così lentamente
Il ricambio del parco circolante è ostacolato da tre fattori principali: incentivi economici insufficienti, prezzi delle auto nuove ancora elevati, e sfiducia verso le tecnologie più recenti. Molti automobilisti mantengono l’auto più a lungo per ragioni economiche, in assenza di una vera strategia nazionale di rottamazione. Il rinvio dello stop diesel Euro 5 2026 rappresenta quindi una conferma della scarsa volontà di accelerare la transizione.
Transizione mancata: occasione persa per la mobilità pulita?
Il rinvio del blocco diesel riduce l’efficacia delle politiche green e alimenta la sfiducia verso la mobilità elettrica.
Il rinvio dello stop diesel Euro 5 2026 rappresenta un segnale debole da parte delle istituzioni. Invece di rafforzare la fiducia nella transizione ecologica, la misura alimenta l’idea che la sostenibilità sia ancora una scelta rinviabile. L’Italia è in forte ritardo sul fronte della mobilità a basse emissioni e continua a pagare l’assenza di una visione a lungo termine.
- Incentivi poco accessibili e incoerenti
- Comunicazione pubblica frammentaria e contraddittoria
- Diffidenza crescente verso elettrico e ibride plug-in
Messaggio-chiave: Senza un piano credibile e continuo, la transizione sostenibile resta una promessa vuota per gran parte degli automobilisti italiani.
Un’occasione politica sprecata
La norma avrebbe potuto segnare un punto di svolta, ma è stata trasformata in un compromesso. Le motivazioni ufficiali parlano di salvaguardare il potere d’acquisto, ma il risultato è l’ennesimo rinvio di una scelta strutturale. In un contesto di eventi climatici estremi, posticipare interventi ambientali non è più giustificabile. La mancanza di coerenza politica compromette anche la credibilità delle misure future.
Rischio disillusione per la mobilità elettrica
Il rallentamento della transizione energetica non dipende solo da fattori economici. Le scelte istituzionali hanno un forte impatto sulla percezione dei cittadini. Un provvedimento come il rinvio dello stop diesel Euro 5 2026 manda un messaggio ambiguo, indebolendo le campagne pro-elettrico e rendendo più difficile convincere chi è ancora scettico. Senza regole chiare, anche il mercato dei veicoli a basse emissioni perde slancio.
Conclusione
Il rinvio dello stop diesel Euro 5 2026 mostra ancora una volta come le decisioni ambientali in Italia siano spesso il frutto di compromessi più che di strategia. Il parco auto resta tra i più vecchi d’Europa e ogni esitazione politica frena un cambiamento necessario. Per migliorare davvero la qualità dell’aria e incentivare una mobilità più sostenibile servono misure coerenti, stabili e strutturate.
Punto chiave finale: La transizione ecologica richiede coerenza e coraggio politico. Serve un piano chiaro, non continui rinvii.
FAQ – Stop diesel Euro 5 2026: domande frequenti
Il blocco è stato rinviato al 1° ottobre 2026. Si applicherà solo nei Comuni con più di 100.000 abitanti che abbiano adottato un Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS). Quindi non riguarderà l’intero territorio nazionale, ma solo le città che soddisfano entrambe le condizioni.
Sì, nella maggior parte dei Comuni italiani potrai continuare a circolare, almeno fino al 2026. Il blocco interesserà solo determinate aree urbane con più di 100.000 abitanti e specifici piani ambientali. Tuttavia, è possibile che alcune Regioni decidano autonomamente di applicare restrizioni più severe.
L’emendamento è stato inserito nel Decreto Asset su proposta della Lega. Il rinvio è motivato dalla volontà di non penalizzare chi non può permettersi un’auto nuova. Tuttavia, molte associazioni ambientaliste criticano la scelta, ritenendola una frenata alla transizione ecologica e al rinnovo del parco auto italiano.
Dipende da dove vivi e da quanto usi l’auto. Se risiedi in una grande città e pensi di tenerla ancora a lungo, potrebbe convenire cambiarla prima del 2026. In alternativa, potresti approfittare degli incentivi statali per passare a un’ibrida o a un’elettrica, valutando anche i costi di gestione a medio termine.